PACHINO - L'allarme relativo al caso E.coli in Germania, e le relative polemiche, sono oramai cosa nota. Tutto è iniziato il 26 maggio scorso, con i consigli da parte delle autorità tedesche a non consumare cetrioli, insalate e pomodori. Le precisazioni successive, ovvero avere delimitato le dimensioni del problema alla sola regione nord della Germania, poi l'avere individuato nei germogli di soia i vettori del batterio, e la conclusiva rimozione dei pareri negativi sui consumi di verdure (il 10 Giugno scorso) non sono bastati ad evitare la frittata: l’impatto sul commercio ortofrutticolo è stato a dir poco devastante. Gli allarmi delle autorità tedesche hanno provocato infatti un crollo generalizzato delle vendite delle verdure dato che il falso allarme sui cetrioli spagnoli ha ricevuto una copertura mediatica in tutta Europa. E in questa bailamme non poteva non rimanere coinvolto naturalmente anche il nostro prodotto, il pomodoro.
Fortuna vuole che è intervenuta l’Unione Europea che ha istituito una misura di sostegno eccezionale a carattere temporaneo per il settore degli ortofrutticoli! Uno stanziamento straordinario, udite udite, di ben 210 milioni di euro da utilizzarsi nei vari stati membri per finanziare eventuali interventi di ritiri dal mercato, mancata raccolta e raccolta verde. E giù dichiarazioni in pompa magna da parte di eurodeputati soddisfatti, comunicati stampa di sindacalisti euforici e chi più ne ha più ne metta… Bene, direte voi…e invece no!
In seguito all'emanazione infatti delle Disposizioni Ministeriali italiani i possibili interventi previsti risultano praticamente inapplicabili, quantomeno per il pomodoro. La normativa, che prevede un indennizzo massimo di € 944/1000 mq di superficie coltivata vincola l'erogazione del contributo solo nei casi in cui l'intera produzione sia destinata alla mancata raccolta.
Che fare per i nostri produttori che, nel frattempo, sono stati costretti a vendere il loro prodotto a prezzi stracciati? Già perché forse lor signori non sanno che il pomodoro è un prodotto deperibile che in questo periodo con le alte temperature che ci sono va raccolto con frequenza e non può essere stivato ed immagazzinato in attesa che lor signori decidano come risolvere il problema.
Come se non bastasse, nei casi di raccolta parziale ovvero produzione già parzialmente commercializzata non risulta affatto chiaro come debba essere calcolata la riduzione dell'indennizzo in funzione della quantità già raccolta.
Considerato che la resa media ministeriale per il pomodoro è stata calcolata in 316 ql ad Ha, (quando in realtà la resa effettiva media attuale x il pomodoro è circa il triplo!) è evidente che i quantitativi già raccolti superano la suddetta quantità e di conseguenza l'indennizzo non può essere erogato ai nostri agricoltori.
Questa proposta prevede oltretutto la distruzione della pianta e si pone quindi anche il problema dello smaltimento del materiale vegetale. Secondo le disposizioni AGEA risulterebbe obbligatorio l'estirpazione in loco della pianta con presenza degli enti preposti al controllo.
In poche parole ci troviamo di fronte l’ennesimo pasticcio istituzionale, dove i rimedi sono peggiori del danno provocato. Inutile sottolineare che per i produttori di Pachino e di tutta la "fascia trasformata" siciliana questo provvedimento non servirà a nulla, lasciando gli operatori del settore ancora una volta con un palmo di naso. Oltre al danno, la beffa.
Il Direttore
del Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione
del “Pomodoro di Pachino IGP”
( Salvatore Chiaramida )