Gemellaggio con Malta - Mentre Pachino muore lor signori litigano

Gemellaggio con Malta - Mentre Pachino muore lor signori litigano Leggere l’ennesima, estiva, polemica “politica” (si fa per dire), ci spinge a parafrasare un vecchio detto latino: MENTRE PACHINO MUORE LOR SIGNORI LITIGANO.

Sgombriamo subito il campo da possibili speculazioni: noi siamo perché il gemellaggio con Malta venga realizzato (non c’è motivo di perdere occasioni anche di un pur piccolo sviluppo culturale), ma a patto che i TRENTA che beneficeranno della GITA A MALTA siano solo STUDENTI/ESSE DELLE SCUOLE MEDIE, CON OTTIMI RENDIMENTI SCOLASTICI MA APPARTENENTI TUTTI/E A FAMIGLIE BISOGNOSE, accompagnati/edal PRIMO CITTADINO e dai loro professori, NON POLITICI O LORO AMICI E PARENTI!!!!!!!

Ciò premesso, ricordiamo agli attori di questa polemica un antico (o vecchio,fate voi) detto napoletano: canisciun è fess! Pensate davvero che vi crediamo, che siete interessati alla crescita culturale della nostra comunità? Vi sbagliate. Noi ne diamo una lettura diversa, forse anche dietrologica, alla Andreotti per intenderci, ma a pensar male si fa peccato ma si azzecca.

In realtà la polemica, che ha fatto perdere tempo prezioso anche al Consiglio Comunale, è l’espressione dello “scontro” fra due attori (ben nascosti dietro le rispettive rappresentanze politiche), due eminenti personalità della cultura locale, che si contendono “historiographicalprimacy”. Sono gelosie tra “intellettuali”, come direbbe Morin, attenti a non concedere al “nemico” occasioni di crescita sociale. L’uno non vuol concedere all’altra e viceversa, occasioni di valorizzazione del proprio lavoro. Tutto qui! Null’altro!

Passando dalla polemica alla storiografia, possiamo dire che il null’altro è il tema centrale dello scontro: il gemellaggio con Malta, reclamato in virtù di “un’operazione di recupero di quel legame storico, che avrebbe consentito a un gruppo di famiglie provenienti dall’isola dei cavalieri, di fondare la città siracusana” (da Il Giornale di Sicilia del 9 settembre c.a.).

Ahimé, se anche un navigato giornalista locale, confonde gli Starrabba con i maltesi, non c’è da sperare molto che i pachinesi possano comprendere che le loro radici storiche, etniche e antropologiche sarebbero (?) in stretto rapporto con quelle nobili di questa città maltese dell’isola di Gozo,Xeuchia.

Primo.Perché ben 16 anni fa lo storiografo locale, lo stesso che oggi magnifica questo legame storico, era di tutt’altro avviso; ipotizzava un ben altro legame, arrivando a definire Pachino “non una comunità, ma un’accozzaglia di teste che “pensano””, che è giudizio irrispettoso, non meno di quello dei nobili netini che, all’epoca, definirono “Pachino un asilo di ladri, fuorusciti, riposto e commodo agl’infiniti contrabandi” (1998).

Secondo. Perché un certo modo di scrivere storia, continua a proporci un “menù riscaldato”, quello della Fondazione di Pachino, su cui hanno già detto tutto “il buon Lino Figura” mezzo secolo fa e Peppe Drago (1996).

Terzo. Il disagio di un’epoca (quella odierna), che causa tanta sofferenza per via di trasformazioni difficili da controllare, non si spiega con i natali ma con l’esperienza. È come voler spiegare il carattere e la personalità di un soggetto, facendo riferimento unico al suo patrimonio genetico.

Ciò che spiega l’oggi di una comunità, è la sua storia di sviluppo. E questa rimanda, non già ai natali, maltesi o ladruncoli/fuorusciti che siano (?), ma alla storia dei rapporti interni tra le classi sociali, a quella del rapporto tra la classe dirigente (i di Rudinì e i loro accoliti) e la massa dei diseredati di fine Ottocento, solo per citare alcune problematiche. Non è misurando la lunghezza dei “merletti della sottoveste di Alessandrina di Rudinì” che ci consentirà di comprendere il disagio, non solo economico, di quest’epoca di grande crisi.

La storiografia locale più avvedutaha già comprovato scientificamente che i nodi problematici fondamentali per comprendere il presente a partire dal passato, sono altri, e precisamente:
1. La giovane età di Pachino;
2. Il ruolo dei fondatori gli Starrabba, e della classe dirigente del tempo;
3. La funzione (innovatrice/reazionaria) di Antonio Di Rudinì nel processo di riconversione produttiva del latifondo;
4. Gli esiti di quella riconversione;
5. Il ruolo delle tre grandi famiglie e la struttura della proprietà terriera e la sua trasformazione agli inizi del Novecento;
6. Il ruolo delle Chiese e il conflitto interreligioso;
7. I problemi economici e il “paese usuraio”;
8. Il Fascismo;
9. Il Dopoguerra e lo sviluppo della viticoltura;
10. La nascita e lo sviluppo delle “nuova agricoltura”.

Una storiografia che non sa illuminare questi temi, che sono, ripetiamo a costo di diventare anche noiosi, i nuclei storiografici problematici della nostra storia, non può dirsi storiografia scientifica.

Smettete, dunque, di litigare e dedicatevi tutti, maggioranza ed opposizione, al BENE DEL PAESE.

Dott. Nello LUPO
Pubblicata da: Corrado Modica il 09-09-2014 19:13 in Comunicati

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