RELAZIONE
In Italia si è assistito in questi ultimi anni ad un notevole aumento di produzione di energia del vento. Secondo uno studio cui ha partecipato l’Enea (l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), i siti italiani più idonei allo sfruttamento dell’eolico si trovano lungo il crinale appenninico, al di sopra dei 600 metri sul livello del mare e, in misura minore, nelle zone costiere. Le regioni più interessanti sono quelle del sud, in particolare Campania, Puglia, Molise, Sicilia e Sardegna. In queste zone, infatti, si può contare su venti di buona intensità, quali il maestrale, la tramontana, lo scirocco ed il libeccio. L’aspetto che provoca forti dubbi circa l’installazione dei parchi eolici è quello dell’impatto ambientale. L’energia del vento non provoca emissioni dannose per l’uomo e per la natura e può essere considerata la più pulita delle energie alternative. Quindi, quando si parla di impatto ambientale dell’eolico, si fa riferimento esclusivamente a quello visivo, acustico e faunistico. Gli autogeneratori, infatti, sono molto alti (almeno 60 mt. ed eliche con pale di 30 mt. ed oltre) e devono essere ben distanziati, in funzione della dimensione delle pale e delle caratteristiche del vento (di regola gli autogeneratori vengono situati ad una distanza di almeno cinque, dieci volte il diametro delle pale). Quindi, solitamente, occupano una vasta superficie e sono visibili anche a grandi distanze. Ma installando i parchi eolici in zone desolate si evita ogni danno al paesaggio superando anche il problema dell’impatto acustico causato dall’attrito delle pale con l’aria e dal moltiplicatore di giri. Un po’ più complesso l’aspetto dell’impatto faunistico. Ma degli studi condotti in California ed in Spagna dimostrano che gli uccelli vittime dello scontro con i pali non sono rapaci e che ,comunque, i volatili tendono a cambiare flusso migratorio quando sulla loro strada si pone un ostacolo nuovo. Eppure uno studio fatto dal Wwf invita a non sottovalutare il problema della collisione di diverse specie di uccelli contro le pale rotanti. Le specie più a rischio sono quelle più grandi, e quindi più lente, e spesso anche più rare come l'aquila reale. La scelta dei siti di localizzazione assume, quindi, un’importanza strategica. Da evitare le aree di grande concentrazione di uccelli migratori o quelle prossime alle zone riproduttive o di ricerca trofica dei rapaci. Anche la quantità e la disposizione dei generatori eolici può influire in modo molto diverso sull’avifauna e, da una ricerca condotta in Danimarca, è stato evidenziato come la disposizione dei generatori in gruppi, e non in linea, può rendere inutilizzabile una vasta area di territorio da parte di alcune specie di uccelli come le oche selvatiche.
Occorre dunque effettuare un’attenta valutazione della localizzazione dei parchi eolici in quanto si sta assistendo in alcune regioni, come il Molise, la Puglia e la Campania ad una palificazione selvaggia ad insaputa dei cittadini, deturpando territori ancora incontaminati. Continuando di questo passo, tra qualche anno avremo l'intero Appennino palificato, anche in zone sottoposte a vincoli paesaggistici. Non vi è, del resto una posizione di contrarietà all'energia rinnovabile, in quanto l'impellenza di ridurre le emissioni di gas serra è sotto gli occhi di tutti. E’ necessario, però, trovare forme diverse di captazione dei venti, poiché quella in corso è la più grave devastazione di ciò che rimane del paesaggio naturale italiano. Bisogna fermare questa espansione violenta, dettata solo da calcoli di impresa. Quello dell’eolico è un business insospettabile che si nasconde dietro l’alibi di ferro di una scelta verde, che nessuno osa contestare. Del resto basti pensare ai contributi nazionali e regionali riservati a chi investe nell’eolico ed al decreto Bersani che, con la soglia del due per cento, impone a chi vuole produrre più energia termica di produrre più rinnovabile. Non solo, gli operatori si rivolgono di solito ai comuni più isolati e abbandonati del sud che nei 50 mila euro annui, ottenuti dall’installazione del parco eolico, vedono una qualche forma di riscatto. Forse per questi motivi, in Italia, le richieste di connessione alla rete di nuovi impianti eolici, al 31 ottobre 2001, erano pari a 368, cioè 13.276 megawatt. Quanto prodotto, oggi, dall’intero pianeta.
Pachino, lì 21.10.2006
L’Assessore all’ecologia ed ambiente
Dott. Nicola Amenta