In questi giorni, guarda caso, si parla di aree SIC (Sito di Importanza Comunitaria); si dice che arrecherebbero danni alle attività imprenditoriali nel territorio pachinese. Naturalmente a dire questo sono i soliti politici locali che cavalcando l’onda del momento elettorale affermano che bisogna “scongiurare il serio e concreto pericolo di dover eliminare tutti gli impianti agricoli che insistono nelle zone protette”. Questo è terrorismo psicologico e non è certamente il modo per affrontare e risolvere il problema. Il problema è che questi politici che stanno strumentalizzando la vicenda, sono gli stessi che quando amministravano, gli uffici addetti del comune, inviarono cartografie molto vecchie e non aggiornate in cui non apparivano le attività di antropizzazione che, pur lasciando intatta l'area palustre, sfruttavano le zone circostanti. E adesso questi signori parlano e vorrebbero illuderci di essere in possesso degli strumenti per risolvere il problema. Dovrebbero invece avere il buon gusto di tacere!!!
Il problema va quindi affrontato partendo dall’errore compiuto. Bisogna anzitutto prendere atto dell'errore in cui la Comunità europea sarebbe incorsa nella determinazione delle aree SIC e nella programmazione delle aree protette, ribadisco a causa di cartografie obsolete inviate dal comune, e quindi – come ha affermato il candidato assessore dei Verdi, Nicola Amenta – “bisogna fare il possibile per rivisitare la decisione ma nel modo corretto”.
Per comprendere meglio come la questione è stata ampiamente strumentalizzata bisogna dire che esiste una direttiva “Habitat” (92/43/CEE) del 21 maggio 1992, resa attuativa dal D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, che rappresenta il principale atto legislativo comunitario in favore del mantenimento della biodiversità in quanto introduce l’obbligo di conservare gli habitat e le specie animali e vegetali a rischio di estinzione e/o minacciate dalle attività antropiche. Ai sensi di tale direttiva gli Stati membri sono tenuti a individuare delle aree dette Siti di Importanza Comunitaria (SIC appunto), rilevanti ai fini della tutela di uno o più habitat e/o specie elencati dalla direttiva. Ricordo che per legge il 25% del territorio siciliano deve essere tutelato. Le leggi non possono essere ignorate ne tantomeno cancellate dal politico di turno che fa propaganda elettorale.
Le aree SIC sono destinate ad essere designate come Zone Speciali di Conservazione (ZSC) nel momento in cui saranno attivate le idonee misure di conservazione e protezione e formulati piani di gestione che prefigurino una tutela di tali ambienti in una prospettiva di sviluppo sostenibile, nell'integrazione tra attività umane e esigenze di conservazione.
Le zone umide svolgono un ruolo straordinariamente importante per il contributo che apportano al patrimonio di biodiversità, alle specie vegetali e animali cui esse forniscono le condizioni ideali per il completamento del proprio ciclo biologico. In particolare le zone umide sono di rilevante importanza per l’avifauna, sia stanziale, sia soprattutto migrante, che in esse trova rifugio e protezione. Inoltre le zone umide contribuiscono al corretto funzionamento dei meccanismi che regolano gli ecosistemi grazie al contenimento delle ondate di piena fluviali, al miglioramento delle qualità delle acque per l’azione filtrante di sostanze organiche e tossiche, all’alimentazione delle falde acquifere e a diverse altre azioni riequilibratrici. Se noi abbiamo questo microclima così particolare, da far crescere, per esempio, il nostro ciliegino così buono e irripetibile in altre zone, lo dobbiamo anche alle zone umide: la distruzione di tali aree significa il cambiamento del microclima. La protezione delle zone umide è quindi di grande importanza, anche perché si tratta di ambienti intrinsecamente fragili e quindi vulnerabili, soggetti a una vasta gamma di pressioni determinate soprattutto dalle attività antropiche che si svolgono nelle aree circostanti e dai conseguenti impatti.
La premessa fondamentale a una corretta ed efficace azione di protezione non può che essere la
conoscenza quanto più possibile approfondita di questi ambienti, la loro consistenza e ubicazione, la
quantificazione e qualificazione delle pressioni e degli impatti cui sono soggetti, le problematiche
derivanti dall’uso a fini economici e produttivi.
Ma è anche vero che a causa di errori grossolani compiuti da dirigenti comunali dell’ufficio tecnico poco attenti, le colpe non possono ricadere negli agricoltori (quelli veri) colpiti da questa ordinanza. A tal proposito, il nostro assessore provinciale alla pianificazione territoriale Paolino Uccello è intervenuto affermando che “bisogna concordare con i comuni interessati il piano territoriale provinciale ed il comune deve farsi carico di inviare la cartografia aggiornata dove si evidenzi la forte presenza dell'uomo a differenza di quanto dedotto dalle antiche cartografie”.
F.TO
il portavoce dei verdi
dott. Concetto Amenta