Una nota di Sebastiano Mallia
Martedì 22 febbraio, il Consiglio Comunale di Pachino sarà chiamato ad esprimersi sulle direttive proposte dall'Amministrazione Comunale o, meglio, dai progettisti del P.R.G.. L'appuntamento cade in un periodo assai "caldo" sul fronte della pianificazione territoriale: negli ultimi giorni, ha catalizzato pagine di giornali il Piano Paesistico Regionale come, nelle settimane precedenti, era accaduto per il cosiddetto Parco degli Iblei.
E' -se si vuole- il consueto rigirar della ruota, un po' monotona, della storia: da un laissez-faire tutto improntato ad autocertificazioni, semplificazioni, conferenze di servizi et similia ci vediamo proiettati oggi nel ritorno della gabbia di contenimento (magari gestita sovraordinatamente). Un eccesso, insomma, dopo l'altro con il conseguente corteo di conflittualità, non esclusivamente politiche: generazionali, fra "materie" e rispettive funzioni (si pensi alla schizofrenia, su temi di tal fatta, degli assessorati regionali, specie in Sicilia), fra legittimi interessi; fra poteri pubblici (e qui la schizofrenia si fa cronica).
Basti dire che, in tempi di crescente e decentrante federalismo, il tentativo di pianificare anche dall'alto risponde -con un fondo di ipocrisia- al desiderio di non demandare troppo il tema agli Enti locali che -sarebbe disonesto disconoscerlo- un po' se la sono voluta. E sarà sempre di più così, fin tanto che mancherà una visione d'assieme.
Del P.R.G. (e degli altri Piani) se ne è parlato poco e male: non possono certo dirsi soddisfacenti, per una coalizione -come quella che ha vinto le elezioni- che aveva previsto nel suo programma un ampio e profondo confronto con la Città, i cinque minuti dedicati un mese fa quasi a margine del dibattito sul piano paesistico, tutti concentrati sul destino dei Pantani della Sicilia Sud Orientale (e presunti tali).
Perciò ho accettato di buon grado -ma con una comprensibile punta di amarezza- l'invito, esteso a tutti, del Circolo del Partito Democratico di Pachino ad un conferenza sul nostro territorio. Così come ho apprezzato che le carte venissero subito gettate in tavola: era una conferenza -nelle intenzioni- eminentemente politica, nella quale -in effetti- è venuta fuori la posizione di quel partito.
Non per questo chi è andato subito via ha fatto bene: sarebbe stato interessante -ammesso che ce l'abbia- conoscere anche la sua opinione. Io -per esempio- ho riferito la mia, pur contenuto nei pochi minuti concessomi dal dibattito; ed è per questo che ritengo sia doveroso riproporla, con ulteriori idee, anche qui.
Sul problema di metodo ho già accennato: è bene che una amministrazione abbia un'idea di pianificazione, ma è pur sempre vero che -rispetto alle previsioni del programma- la forbice fra proposta e dibattito consiliare è stata troppo limitata. E non mi si venga a dire che, in fondo, parliamo solo di direttive: è proprio su questo argomento che andrebbe sviluppato un dibattito non esasperato da tecnicismi (giuridici o urbanistici) perchè non c'è una direttrice se non c'è una meta, perchè è inutile scoccare una freccia se non c'è un bersaglio.
E, essendo il "bersaglio" la Pachino del futuro, è bene che del problema siano investiti i pachinesi. Non ci si rende conto, insomma, che ormai non è più possibile pianificare senza avere una visione d'assieme: occupandomi, da assessore, della Programmazione Urbanistica Comunale -e leggendo gli interventi normativi e non sul tema- mi sono reso conto, ad esempio, che fra i "valori" di quello che prima (riduttivamente) era il Piano Commerciale e che ora è una più complessa P.U.C. c'è una valorizzazione in termini di socialità degli spazi commerciali e dei sistemi attrezzati a loro servizio. Non è più, insomma, una questione di "aree", intese solo come compartimenti stagni.
E non è solo un problema economico, pur essendo questo rilevantissimo.
Per questo, ieri, ho auspicato che il dibattito si allarghi, paventando un altro rischio: quello che, partiti in quarta con il P.R.G., esso diventi -in buona parte- lettera morta con l'entrata in vigore di altri strumenti, come il Paesistico di cui proprio ora si sta discutendo.
Ma i pachinesi vanno sentiti fino in fondo e tutti, anche quelli che non parlano. Mi spiego: dall'analisi dell'esistente (pienamente rilevabile anche con un salto fra le carte della Commissione Edilizia) emergono due tendenze. Da una parte non si è spento il bisogno di costruire che ha fatto, storicamente e ben prima del boom dell'ortofrutta, da spina dorsale dell'economia pachinese. Dall'altra non si può ignorare che parte di ciò che è costruito è in vendita o, addirittura, abbandonato. E, ancora, è indispensabile -per poter pensare ad una equilibrata crescita economica- che chi ha le capacità, le idee e lo spirito d'intrapresa possa trovare aree acconcie per mettersi in gioco o crescere.
Lo fa senz'altro la proposta dell'arch. Matticari, che arriverà in consiglio martedì, per le aree artigianali. Ma che ne è della possibilità di sviluppare piccole imprese di trasformazione che diano un'alternativa di "sfogo" al prodotto agricolo? Forse che in una città -che voglia programmare un futuro finalmente un po' meno ballerino, sottoposto cioè agli umori del mercato agricolo o di quello turistico- non ci deve essere spazio per i "talenti" di ordine diverso?
E, passando al Turismo, piuttosto che insistere sul cosiddetto "turismo di qualità" -non ho ben capito se attenga alla qualità del turista da attrarre o dell'offerta turistica- non sarebbe bene, prima di tutto, pensare a qualche "fundamental", come aree per gli spettacoli estivi, creazione di percorsi culturali o di svago (anche sportivi), con le relative attrezzature?
E, passando al lato "geografico", è davvero una buona idea creare un cordone di case che colleghi Pachino a Marzamemi? Senza voler approfondire la specificità, storica e territoriale, del Borgo, è davvero un guadagno creare questa residenziale "terra di mezzo" che finirà con l'intasare le vie di accesso e di deflusso e che, in fondo, non sembra un'idea neanche originale? Lo è, oltrettutto, messa a confronto con la impossibilità -che per i parametri urbanistici si creerebbe- di non poter per niente espandere -sia pure in minima parte- l'abitato lungo altre direttrici, assecondando la naturale spinta (questo significherebbe, neanche troppo rozzamente, "ascoltare" i pachinesi) in atto in alcune parti della città?
E, un problema fra i mille, in una prospettiva d'assieme, dove allocare un potenziale polo energetico cittadino (a servizio della rete pubblica, improntato alle energie alternative)?
Sono alcune fra le tante questioni che un singolo può porre: figurarsi un'intera Città. Che merita -nonostante tutti i dubbi, gli ostacoli, e le distrazioni in cui vive- di essere sollecitata ed ascoltata.