Rivendicazione territoriale
Pachino vs Noto
Certo questo è un argomento caldo ed è difficile mantenere la calma, però, chi ritiene di fare politica e si assume il compito di guidare altre persone ha l'obbligo di affrontare gli argomenti con tranquillità.
Detto questo, al fine di suggerire serenità di dialogo e accettazione anche delle critiche, voglio dare il mio contributo, anche perché da assessore al territorio mi sono occupato della questione.
Innanzitutto la proposta di modifica dei confini già avanzata dal comune di Noto, di cui ho preso visione (sono sicuro che gli assessori attuali sono in grado di prenderne visione come l'ho fatto io, mi riferisco alla pratica che indica Aliffi, probabilmente, visto che si tratta di atti interni, non è semplice vederli), per quello che ne so io è stata dichiarata irricevibile dall'Assessorato Regionale Enti Locali.
La proposta fu deliberata dal consiglio comunale precedente ed essa richiedeva, con motivazioni oggettivamente opinabili, l’annessione al comune di Pachino, ad oggi consistente in circa 5700 ettari, di altri 7000 e più ettari del comune di Noto. La delibera venne stilata in maniera disordinata, tanto è vero che l’ufficio tecnico, su sollecitazione regionale, fu costretto a rettificare le indicazioni di tale richiesta inserendo maggiori dettagli cartografici e aggiungendo efficaci, ma non risolutive, considerazioni urbanistiche.
Nella prima versione, infatti, la proposta comprendeva semplicemente i nomi delle contrade, termine poco utile dal punto di vista catastale.
Alla prima richiesta il comune di Noto rispose con una memoria difensiva, che contestava metodo e merito della rivendicazione pachinese, presentata dall'Avv. Balsamo, oggi assessore al Territorio di Noto, gentilissima e competente personalità, con la quale ho scambiato poche, fugaci, ma significative battute.
Non era accettabile, secondo Balsamo, che Pachino utilizzasse argomenti, effettivamente, un poco anacronistici e difficili da provare, quali privilegi feudali e scippi territoriali compiuti all’inizio del regno d’italia. Merito dunque poco incisivo, mentre si sbagliava anche nel metodo allorché si invocava il referendum solo per le popolazioni residenti nei territori contestati. La norma, è vero, prevede la consultazione referendaria degli abitanti coinvolti, ma solo in caso di variazioni territoriali minime, non certamente quando si chiede di raddoppiare il proprio territorio. Direi che da questo punto di vista si è proceduto ingenuamente in maniera raffazzonata e semplicistica e un comune non dovrebbe permetterselo, a maggior ragione se invoca variazioni di confini secolari.
Un eventuale referendum, ammesso che si possa tenere, visto che la proposta di cui parlo dovrebbe essere già stata rifiutata a Palermo, ma non ne ho prove certe, dovrebbe coinvolgere tutta la cittadinanza pachinese e netina, con esiti, io credo, a noi sfavorevoli.
Alla seconda versione della proposta, integrata, come dicevo, da una relazione più dettagliata da parte dell’ufficio tecnico, fu proposto ricorso al TAR. Non ho potuto, purtroppo, conoscere il nome del professionista cui fu assegnato l’incarico di difendere il comune di Pachino e, di conseguenza, non sono in grado di sapere se e come il giudice amministrativo si è pronunciato.
Ecco perché ritengo che riproporre, sic et simpliciter una proposta uguale a quella già avanzata sia un errore, anzi, un grave errore.
Innanzitutto non si può procedere ad una rivendicazione del genere interpretandola come una crociata. Una cosa del genere può avvenire solo se le due amministrazioni, e non altri, trovano un punto di incontro. Nel caso una delle due dovesse discostarsi troppo dalle posizioni dell’altra la procedura rimarrebbe bloccata, come è oggi.
Nel breve periodo nel quale ho ricoperto la carica di assessore, ho sollecitato con successo un incontro con il sindaco Valvo proprio per affrontare le questioni legate ai difetti di gestione del territorio a Marzamemi e dintorni. La viabilità e il controllo del territorio in primis e la strutturazione di servizi ai residenti sono esigenze non più rinviabili e reclamano interventi efficaci. Devo dire che il sindaco Valvo e l’assessore Balsamo, presenti all’unica riunione ufficiale tra i due comuni fino ad oggi avvenuta, si sono dimostrati gentili e comprensivi ammettendo che, nell’area di Marzamemi, esistono problematiche territoriali difficili per Noto da gestire. Tuttavia, nella stessa riunione, mirata principalmente alla definizione di una convenzione ad oggi, mi pare, ancora avvolta dalla nebbia, essi richiedevano una rimodulazione delle rivendicazioni in forme più ricevibili. Sicuramente non si può riproporre una richiesta territoriale così esosa, ma ci si potrebbe incontrare su richieste meno conquistatorie, quali potrebbero essere l’accordo di spostare i confini comunali verso S. Lorenzo, e limitare la modifica delle aree interne, quelle più agricole.
In termini più pratici, io credo, che a Noto non sarebbero certamente contrari a cedere l’area di contrada Spinazza, Bove Marino e parte di S. Lorenzo, limitandoci ad esse però.
E’ una richiesta di buon senso che sarebbe difficile da contestare, evidenziando i chiari motivi di gestione ravvicinata del territorio, a maggior ragione nel periodo estivo, che nel bene e nel male ricade nella organizzazione dei servizi comunali pachinesi. E su tale richiesta si potrebbe veramente instaurare un processo di condivisione tra le parti politiche che porterebbe ad un successo sicuro.
Ecco perché riproporre la questione come è stato fatto fino ad oggi è deleterio e allontana la possibilità di trovare soluzioni.
I due comuni si devono rivedere e affrontare serenamente la revisione dei confini.
Certamente, su questo ho più che un dubbio, vista l’incapacità dell’amministrazione pachinese di organizzare il proprio lavoro, vedi l’estate di Marzamemi che costituisce la prova lampante dell’inefficienza e dell’incapacità a governare una comunità.
Tuttavia non esistono strade alternative o scorciatoie, sono le istituzioni che devono lavorare e compiere il proprio dovere.
Quanto ai deputati coinvolti, innanzitutto, come critica ad Aliffi, non si può chiedere condivisione a destra e a sinistra e poi mettere in risalto solo la figura del deputato dell’MPA. Bisogna chiedere a tutti un contributo, bisogna cambiare metodo caro Cavaliere, a meno che non si dichiari di essere espressamente di una sola parte politica e, nel tal caso, vanno a ramengo tutte le altre dichiarazioni. Ma avere un’interlocuzione a 360 gradi nel panorama politico provinciale e locale può essere utile, se si persegue l’obiettivo così come dichiarato. Segnalo inoltre che il deputato interessato è messo in palese imbarazzo dai suoi stessi sostenitori netini che non condividono il progetto così come viene pubblicizzato.
Infine, i consorzi. Condivido la proposta di Blandizzi, anche se nella storia siciliana i consorzi hanno avuto il solo compito di assegnare cariche e incarichi, essa è una proposta forte ed efficace di cui tenere molto conto. La politica di gestione del territorio, non può limitarsi all’organizzazione delle sagre paesane, ma deve avere un respiro più ampio, che passa dai servizi come la nettezza urbana, le opere di urbanizzazione, acqua e fognatura, e che passa pure dagli incentivi al turismo, allo sviluppo economico sostenibile in senso ambientale e paesaggistico, alle grandi infrastrutture dei trasporti, all’agricoltura di qualità. Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di distretti agroalimentari, di sistemi turistici locali, di marchi di qualità, di etichette, tutti argomenti che non possono essere affrontati con la lente distorta e miope del campanile.
Solo se le comunità, intese anche nel senso istituzionale, sono capaci di fare sistema, di integrarsi e integrare le proprie specificità possiamo sperare in un futuro di sviluppo e di benessere collettivo.
Ecco perché ritengo un errore pensare alla rivendicazione territoriale, così come sta facendo questo comitato, come se si trattasse di una guerra tra gonfaloni. Con Noto, Rosolini e Portopalo dobbiamo essere in grado di stringere un patto di solidale interesse comune, di volere decidere, noi tutti insieme, quale sviluppo del territorio vogliamo e come conseguirlo. Di essere protagonisti del nostro territorio che è molto più ampio dei confini comunali. Nella competizione mondiale, turistica, agricola, dei servizi, verremo ridotti in cocci, tra vasi di ferro, se non ci organizziamo meglio. E i consorzi, o un consorzio, può essere un strada praticabile se va in questa direzione, compresa la gestione del territorio.
Segnalo, inoltre, che la convinzione di avere maggiori servizi e attenzioni per le contrade di Spinazza e Bove Marino, nel caso diventassero pachinesi, è una pia illusione. Il comune di Pachino è responsabile dell’abbandono di tutto il suo territorio, delle fasce costiere che vanno da Marzamemi a Porto Ulisse. A Bove Marino arriva l’acquedotto pachinese, perché è lì vicino, a Scarpitta, Punto Rio, Granelli, Chiappa etc.. etc.. non arriva un bel nulla. Non si vedono mai vigili urbani a regolamentare il traffico e a volte si assiste a vere e proprie gare di velocità, tra le case di villeggiatura. I piani di recupero sono un sogno, ormai incubo, la pianificazione del territorio una presa in giro. Se poi vogliamo dare l’affondo finale, pensiamo ai residenti, abbandonati a se stessi, di Torre Fano, alla loro richiesta, legittima direi, di passare al comune di Portopalo e avremo il quadro completo di cosa ci si può aspettare da Pachino. Dico questo non per dire che la ridefinizione dei confini non sia necessaria, ma per non ammantarla di demagogica motivazione di efficienza che adesso manca e domani invece esisterebbe.
Concludo questo mio intervento, chiarendo che lo intendo avanzare con spirito costruttivo, che mi piacerebbe partecipare ai prossimi lavori di questo comitato, con le motivazioni e le intenzioni che ho già espresso e che posso meglio ribadire, dando anche un contributo di informazioni che, mi sembra, manchino in maniera evidente.
Cordialmente, Turi Borgh