Papa Benedetto XVI: Tutelare la vita e la famiglia

Papa Benedetto XVI: Tutelare la vita e la famiglia DUE INTERVENTI DI PAPA BENEDETTO XVI in occasione del Natale 2007. Il Pontefice ci invita a meditare sulla tutela della vita e della famiglia, ponendoci al contempo una domanda: c'è ancora posto per Dio nel cuore degli uomini?


Papa Benedetto XVI: “Il mondo si lasci toccare dalla luce di Cristo e l’Italia tuteli la vita e la Famiglia”

di Bruno Volpe

Tratto dal sito PETRUS - Il quotidiano online sull'Apostolato di Benedetto XVI

Natale 2007

CITTA’ DEL VATICANO - Le calde parole del Papa accarezzano e seducono più del sole e del cielo toccando il cuore e l’anima di Roma e di tutto il mondo. Pace, speranza e gioia sono i temi principali del tradizionale messaggio natalizio che anticipa la benedizione ‘Urbi et Orbi’.

Il successore di Pietro, davanti agli oltre 40.000 fedeli presenti in Piazza e agli 88 Paesi collegati attraverso la televisione, ricorda subito che "la luce di Cristo è portatrice di pace". La sintesi di un Pontificato, l'essenza del Natale che ci ritroviamo indegnamente tra le mani. Pace ed umiltà sembrano categorie in contrasto, ma la pace è figlia legittima dell'umiltà. E l’umiltà viene sempre premiata dal Signore. Riferendosi alla luce di Gesù, Benedetto XVI sottolinea che "non fu certo grande alla maniera di questo mondo, perchè a vederla dapprima furono solo Maria, Giuseppe ed alcuni pastori, poi i Magi, il vecchio Simeone, la profetessa Anna, coloro che Dio aveva prescelto. Nel nascondimento e nel silenzio di quella notte Santa si è accesa per ogni uomo una luce splendida, portatrice di felicità".

Citando l’evangelista Giovanni, il Papa ribadisce che Dio è luce. O meglio, “luce e sorgente di vita, ecco perchè tutte le creature sono fondamentalmente buone e recano in sè l'impronta di Dio, una scintilla della sua luce". Questa luce, poi, è foriera di pace: "La Luce di Cristo è portatrice di pace, questo è il Natale: evento storico e mistero di amore, che da oltre duemila anni interpella gli uomini e le donne di ogni epoca e di ogni luogo; è il giorno Santo in cui rifulge la grande Luce di Cristo, portatrice di Pace".

Per raccogliere ed accettare adeguatamente il dono della pace sono necessarie, dice il Papa, fede ed umilà: "L'umiltà di Maria, che ha creduto nel Signore e ha adorato per primo, china sulla mangiatoia, il Frutto del suo grembo; l'umiltà di San Giuseppe, uomo giusto, che ebbe il coraggio della fede e preferì obbedire a Dio piuttosto che tutelare la propria reputazione; l'umiltà dei pastori e dei poveri che accolsero l'annuncio del messaggero celeste e in fretta raggiunsero la grotta dove trovarono il bambino appena nato e,pieni di stupore, lo adorarono lodando Dio".

Ecco, quindi, uno dei passaggi più toccanti del Messaggio del Pontefice: "I piccoli, i poveri in spirito, ecco i protagonisti del Natale, ieri come oggi, i protagonisti di sempre nella storia di Dio, i costruttori infaticabili del suo Regno di giustizia, di amore e di pace". E’ Natale, ma siamo disposti ad aprire la porta del nostro cuore al Salvatore? Abbiamo dimenticato e perdonato? Viviamo nelle tenebre del rancore, della sete di potere, della prevaricazione?

Il Papa cerca di scuotere dal torpore la generzione delle guerre, delle ingiustizie e dei contrasti: "Uomini e donne di questa nostra epoca, anche a noi Cristo viene a portare la luce, anche a noi viene a donare la pace. Chi attende l'aurora del giorno nuovo tenendo accesa la fiamella della fede? Chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi avvolgere dal fascino del suo amore? Sì. E' per tutti il suo messaggio di pace, è a tutti che viene ad offrire se stesso come certa speranza di salvezza".

Cristo è consolazione vera “per quanti si trovano nelle tenebre della miseria, dell'ingiustizia, della guerra, per coloro che vedono ancora negata la loro legittima aspirazione ad una più sicura sussistenza, alla salute, all’istruzione, ad un'occupazione stabile, ad una partecipazione più piena alle responsabilità civili e politiche, al di fuori di ogni oppressione e al riparo da condizioni che offendono la dignità umana”. Vittime dei sanguinosi conflitti armati, del terrorismo e delle violenze di ogni genere, che infliggono inaudite sofferenze a intere popolazioni, denuncia Benedetto XVI, “sono particolarmente le fasce più vulnerabili, i bambini, le donne, gli anziani”.

Tutto ciò, “mentre le tensioni etniche, religiose e politiche, l'instabilità, le rivalità, le contrapposizioni, le ingiustizie e le discriminazioni che lacerano il tessuto interno di molti Paesi, inaspriscono i rapporti internazionali e nel mondo va sempre più crescendo il numero dei migranti, dei rifugiati, degli sfollati, anche a causa delle frequenti calamità naturali, conseguenza di preoccupanti dissesti ambientali". Il pensiero del Santo Padre va quindi al Darfur, alla Somalia, al Nord della Repubblica Democratica del Congo, al Medio Oriente, all’Eritrea, all’Iraq, al Libano, alla Terra Santa, all’Afghanistan, al Pakistan e alle Regioni dei Balcani, in generale alle cosiddette ‘guerre dimenticate’. "Il Bambino Gesù - auspica Benedetto XVI dal profondo del cuore - porti sollievo a chi è nella prova e infonda ai responsabili di Governo la saggezza ed il coraggio di cercare e trovare soluzioni umane giuste e durature.

lla sete di senso e di valore che avverte il mondo oggi, alla ricerca di benessere e pace che segna la vita di tutta l'umanità, alle attese dei poveri, Cristo, vero Dio e vero uomo, risponde con il Suo Natale. Non temano gli individui e le Nazioni di riconoscerlo e di accoglierlo: con Lui una splendida luce rischiara l'orizzonte dell'umanità. Questo Natale sia veramente per tutti un giorno di gioia, di speranza e di pace". "Lasciamo che la luce di questo giorno -aggiunge il Papa dalla maestosa Loggia delle Benedizioni - si diffonda dappertutto, entri nei nostri cuori, rischiari e riscladi le nostre case, porti serenità e speranza nelle nostre città, dia al mondo la pace. E' questo il mio augurio per Voi che mi ascoltate, augurio che si fa preghiera umile e fiduciosa al Bambino Gesù, perchè la sua luce disperda ogni tenebra dalla vostra vita e vi ricolmi dell'amore e della pace. Il Signore vi appaghi della sua felicità e vi renda messaggeri della sua bontà".

Il Santo Padre esorta poi, nel messaggio di auguri agli italiani, a testimoniare e risvegliare i valori della famiglia, della vita, dell’amore e della pace. Per il Papa è indispensabile che i cattolici si mobilitino in tempi che vedono il proliferare di leggi e culture nemiche ed ostili alla famiglia, quella formata dal matrimonio di un uomo e una donna.

"Buon Natale agli abitanti di Roma e dell’intera Nazione italiana”, esordisce il Pontefice. “La nascita di Cristo rechi a tutti serenità e gioia e risvegli in ciascuno il desiderio di testimoniare i valori della vita, della famiglia, dell'amore e della pace evocati dal grande mistero dell'Incarnazione e della Nascita di Gesù. Natale è la festa cristiana che fa parte del patrimonio spirituale delle nostre comunità. Possa la nobile Nazione italiana conservare questa eredità culturale e religiosa per costruire un futuro di speranza".

Parole davvero significative e necessarie, che interpellano le coscienze degli italiani e aiutano a riflettere.

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“C’è ancora posto per Dio nel cuore degli uomini?”

di Bruno Volpe

Tratto dal sito PETRUS - Il quotidiano online sull'Apostolato di Benedetto XVI

Natale 2007

CITTA’ DEL VATICANO - Maria, una donna incinta per la quale si sono compiuti i giorni del parto, bussa insieme al marito Giuseppe alle porte di un albergo di Betlemme, ma non c’è nessuna stanza libera per loro. C’è, invece, poco distante, una stalla, ed è lì che la donna mette alla luce il suo bambino: Gesù, il Messia. Ecco, dunque, che il quesito sporge spontaneo: Dio può ancora trovare posto nel nostro cuore?

Questo interrogativo è il centro dell’omelia che Benedetto XVI pronuncia nella notte di Natale in una Basilica di San Pietro stracolma di fedeli. Partendo dalle parole di San Giovanni, "venne tra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto", il Papa osserva che "queste parole riguardano in definitiva noi, ogni singolo e la società nel suo insieme” e chiede: “Abbiamo tempo per il prossimo che ha bisogno della nostra, della mia parola, del mio afffetto? Per il sofferente che ha bisogno di aiuto? Per il profugo o il rufugiato che cerca asilo? Abbiamo tempo e spazio per Dio? Può egli entrare nella nostra vita? Trova uno spazio in noi o abbiamo occupato tutti gli spazi del nostro pensiero, del nostro agire, della nostra vita per noi stessi?".

Domande profonde ed attuali, che contrastano con la frenesia natalizia e il presuntuoso tentativo di espellere Dio dalla vita pubblica con Leggi che offendono la dignità dell'uomo, che confondono e mortificano la ragione morale. Ma bisogna sperare, perché nato Gesù. “E' arrivato il momento - dice il Pontefice - che Israele aveva atteso da tanti secoli, durante tante ore buie, il momento in qualche modo atteso da tutta l'umanità in figure ancora confuse: che Dio si prendesse cura di noi, che uscisse dal suo nascondimento, che il mondo diventasse sano e che Egli rinnovasse tutto". Già, un rinnovamento interiore da parte di chi fa nuove tutte le cose e non lascia spazio al pessimismo: "Grazie a Dio, la notizia negativa (quella secondo cui ‘venne tra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto’, ndr) non è l'unica, nè l'ultima che troviamo nel Vangelo.

Come in Luca incontriamo l'amore della madre Maria e la fedeltà di San Giuseppe, la vigilianza dei pastori e la loro grande gioia, come in Matteo incontriamo la visita dei sapienti Magi, venuti da lontano, così anche Giovanni ci dice: a quanti l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio". "Esistono - dice il Papa parlando di Gesù - quelli che lo accolgono, e così a cominciare dalla stalla, dall'esterno, cresce silenziosamente la nuova casa, la nuova città, il nuovo mondo". Il Natale, quindi, "ci fa riconoscere il buio di un mondo chiuso e con ciò illustra senz'altro una realtà che vediamo quotidianamente. Ma esso ci dice anche che Dio non si lascia chiudere fuori. Egli trova uno spazio, entrando magari per la stalla. Esistono degli uomini che vedono la sua luce e la trasmettono. Mediante la parola del Vangelo, l'Angelo parla anche a noi, e nella sacra liturgia la luce del Redentore entra nella nostra vita. Se siamo pastori sapienti, la luce e il suo messaggio ci chiamano a metterci in cammino e ad uscire dalla chiusura dei nostri desideri ed interessi per andare incontro al Signore per adorarlo. Lo adoriamo aprendo il mondo alla verità, al bene, a Cristo, al servizio di quanti sono emarginati e nei quali Egli ci attende".

Benedetto XVI trova anche il tempo di una digressione nella storia dell'arte quando ricorda che "in alcune rappresentazioni natalizie del tardo Medioevo e dell'inizio del tempo moderno, la stalla appare come un palazzo un po’ fatiscente. Nella stalla di Betlemme, proprio lì dove era stato il punto di partenza, ricomincia la regalità davidica in modo nuovo, in quel bimbo in fasce e deposto in una mangiatoia. Il nuovo trono dal quale questo Davide attirerà il mondo a sè è la Croce. Ma proprio così viene costruito il Palazzo davidico, la vera regalità, questo Palazzo è così diverso da come gli uomini immaginano". Insomma, il vero palazzo non contiene le seduzioni del potere, ma il fascino indiscreto della "bontà che si dona". E' questa la vera regalità. "La stalla diventa Palazzo, Gesù edifica la grande nuova comunità, la cui parola chiave cantano gli Angeli nell'ora della sua nascita: Gloria a Dio nel piu' alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama, uomini che depongono la loro volontà nella sua, diventando così uomini di Dio, uomini nuovi, mondo nuovo".

Nel suo affresco, Benedetto XVI cita San Gregorio di Nissa che si chiede con efficacia e lungimiranza: "Che cosa avrebbe detto (Gesù, ndr) se avesse visto le condizioni in cui si trova oggi la terra a causa dell'abuso delle energie e del loro egoistico sfruttamento senza alcun riguardo?". Una risposta la fornisce Anselmo di Canterbury: "Tutto era come morto, aveva perso la sua dignità essendo stato fatto per servire a coloro che lodano Dio. Gli elementi del mondo erano oppressi, avevano perso il loro splendore a causa dell'abuso di quanti li rendevano servi dei loro idoli".

Gesù, sottolinea il Papa, "è venuto per ridare alla creazione, al cosmo, la sua bellezza e la sua dignità. E' questo che a Natale prende il suo inizio e fa giubilare gli Angeli. La terra viene rimessa in sesto proprio per il fatto che viene aperta a Dio, che ottiene nuovamente la sua vera luce e, nella sintonia tra volere umano e volere divino, nell'unificazione dell'alto col basso, recupera la sua bellezza, la sua dignità. Il canto degli angeli nella notte Santa è l'espressioe della gioia per il fatto che l'alto e il basso, cielo e terra, si trovano nuovamente uniti, che l'uomo è unito a Dio.

Il canto liturgico possiede una sua dignità particolare per il fatto che è un cantare insieme ai cori celesti. E' l'incontro con Gesù Cristo che ci rende capaci di sentire il canto degli Angeli, creando così la vera musica che decade quando perdiamo questo con-cantare e con-sentire”. Nella stalla di Betlemme, aggiunge Benedetto XVI, “cielo e terra si toccano” cosicché “il cielo è venuto sulla terra."

Non poteva mancare un riferimento a Sant' Agostino e, in particolare, al suo commento al Padre Nostro. Il Pontefice si interroga: che cosa è il cielo? Dove sta il cielo? “Il cielo non appartiene alla geografia dello spazio, ma alla geografia del cuore. E il cuore di Dio, nella Notte Santa, si è chinato giù fin nella stalla. L'umiltà di Dio è il cielo. E se andiamo incontro a questa umiltà, allora tocchiamo il cielo. Allora diventa nuova anche la terra. Con l'umiltà dei pastori mettiamoci in cammino in questa Notte Santa verso il Bimbo nella stalla. Tocchiamo l'umiltà di Dio, allora Egli toccherà noi e renderà più luminoso il mondo".
Pubblicata da: Cinecircolo Culturale Don Bosco il 27-12-2007 08:07 in Segnalazioni

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