Io che ho letto sino alla fine la lettera del direttore artistico Nello Correale e che tengo alla kermesse che ha reso famoso nel mondo il piccolo borgo di Marzamemi, non posso non rimanere in silenzio e partecipare alla discussione che nuovamente vede il festival impegnato sulla sua incerta permanenza nella nostra città.
Ritengo che il Festival sia dei pachinesi e che la fortuna tanto la qualità della manifestazione dipenda, se non succhi linfa vitale, proprio dalla piazza che lo ospita. La Frontiera è generalmente quel confine che è necessario valicare, rappresenta l’incontro di diverse culture, è il nodo di collegamento tra realtà eterogenee ma che ritrovano in quella zona franca, nella frontiera, lo stesso linguaggio, la medesima identità. E quale posto, quale territorio più a sud della nostra isola e centro nevralgico del Mediterraneo può assolvere questo compito di permettere tale commistione culturale se non il borgo di Marzamemi e ovviamente la città di Pachino.
Il Festival ha rappresentato il motore di uno sviluppo economico che, aldilà della bellezza dei lidi e del mare che bagna la nostra costa, ha ritrovato un’identità culturale. E sappiamo tutti, e principalmente i giovani come me che hanno la possibilità di poter accumulare un discreto risparmio proprio durante i giorni della kermesse, che quelle settimane fruttano e costruiscono una economia rilevante per il nostro territorio, nonché un’importante occasione lavorativa nelle varie strutture alberghiere e ricettive per i giovani della città che non hanno altri sbocchi lavorativi se non quello legato alla coltura del pomodoro IGP.
È principalmente una questione identitaria quello che lega i giovani pachinesi al Festival, soprattutto perché rappresenta ahimè l’unica occasione di non sentirsi periferia ma centro nevralgico culturale, perché è fenomeno di integrazione artistica e di confronto costruttivo con i canali comunicativi che ritrovano tanto nella istantaneità quanto nella storia di un fotogramma una comunione di vedute e la compassione di una generazione che ha imparato proprio a raccontarsi con le immagini.
Comprendo il senso di vuoto, di assoluta inefficienza progettuale che il direttore Correale respira ogni qualvolta torni a Pachino, così come uno scarso riconoscimento artistico nei suoi confronti, un senso di mediocrità amministrativa cui noi giovani pachinesi siamo ormai abituati da tempo e a cui non ci rassegniamo sicuramente.
Occasione, possibilità, progetto, integrazione, crescita sono termini che ci fanno sperare e che ritroviamo, proprio così come descritto, nella Marzamemi di Frontiera, nel borgo durante quei quindici giorni. Anzi riteniamo che solo una manifestazione di tale portata sia davvero poca cosa a dispetto delle potenzialità di questo territorio.
Pertanto chiedo, in rappresentanza dei giovani come me, al direttore Correale di poter valutare la possibilità di costruire per il prossimo anno il Festival del Cinema Internazionale di Frontiera considerando, che oltre a quel tanto discusso,nell’attualità di questo contenzioso, cinecircolo, esistono altre associazioni che hanno le giuste personalità, la voglia e la competenza di non sostituire il vecchio partner, ma di collaborare magari per immaginare un altro festival, del quale non si snaturi la sostanza ma si arricchisca di nuovi tratti somatici, si perfezioni il fare nella trasparenza delle azioni, e si valorizzi la matrice territoriale, Pachino e i suoi cittadini, orgogliosi di essere figli della terra, ebbri del suo vino e eredi del patrimonio artistico di Vitaliano Brancati.
Vitaliano Dilorenzo