PACHINO - E' di ieri la notizia del provvedimento del Consiglio dei Ministri con il quale il Consiglio Comunale di Pachino è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.
E' senza dubbio un'onta pesante per la nostra Città, che non deve -ovviamente- portare a fare di tutta l'erba un fascio, ma che non può certo essere liquidata con i toni sconcertanti utilizzati a caldo da alcuni protagonisti.
Ogni valutazione che pretende di avere un minimo di serietà, infatti, non dovrebbe prescindere dalla lettura del decreto e della relazione prefettizia che lo ha ispirato.
E, invece, assistiamo in queste ore ad un concentrato di fulmini e saette e di pittoresche sceneggiate che mal si conciliano con il sangue freddo che il caso richiederebbe.
Lasciano basiti, anzitutto, alcune espressioni del Sindaco, per il quale -quasi quasi- un Consiglio già sciolto per altri motivi non si potrebbe sciogliere per mafia.
Il comma IV dell'art. 143 del Testo Unico sugli Enti Locali già chiarisce che "lo scioglimento (...) comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte".
Ma il semplice buon senso dovrebbe suggerire che la decantazione del periodo commissariale serve ad eliminare un problema che non si può cancellare con il solo scioglimento del civico consesso.
Il grido al complotto politico è, inoltre, da parte di Bruno -pur con le pregevoli allusioni storiche- una esagerazione strumentale: Salvini non è Crispi nè la barca piddino-iocambiopachinese assomiglia affatto alla Diciotti, nonostante la precarietà politica dei suoi occupanti.
Sconvolgente e -diciamolo- indignante è lo slogan veicolato dalla compagnia di giro del Sindaco sui social, per cui il Comune sarebbe stato sciolto 'nella mafia': cosa diavolo vorrebbero dire, che tutta la Città è mafiosa e loro no?
Ma qualcuno di questi della sinistra pachinese si rende conto che uno dei fattori scatenanti dell'ispezione prefettizia -se non il fattore primo- è stato l'"Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-08911 Pubblicato il 23.3.2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura Al Ministro dell'Interno" di Giuseppe Lumia, un senatore del Partito Democratico che presentò detta interrogazione all'allora Ministro Minniti, del PD anch'egli, alla fine della XVII Legislatura? Che tutto è partito da uno di loro?
Che cacchio c'entra Salvini?
Una domanda che andrebbe girata anche ai tanti che esultano, vanno in giro con cartelli verdi confondendo la grandine di ieri con l'acqua del Po o stappano bottiglie di spumante nel contesto di uno dei momenti più umilianti per la loro Città.
Ai tanti che fanno da specchio alla rabbia del PD pachinese con frizzi, lazzi e sfottò, inscenando uno spettacolo politico osceno.
In una Città il cui municipio è già, nei fatti e nelle cifre, dissestato; che non paga da mesi i suoi dipendenti e i suoi debiti; il cui piano di riequilibrio è stato un flop annunciato.
Una Città che, in cinque anni senza Rinascita (senza il 'male assoluto', il parafulmine buono per tutti, all'occorrenza) avrebbe dovuto essere 'portata via' verso un futuro luminoso e che, invece, oggi ritroviamo affondata dalla presunzione di chi l'ha governata.
Una Città che ha diciotto mesi per ricostruire la sua dignità sociale e politica, mentre altri metteranno mano alla sua macchina amministrativa e finanziaria. Diciotto mesi per riflettere su cosa siamo diventati e per preparare la rivincita che i pachinesi seri ed onesti meritano.
Movimento Rinascita Di Pachino